[...] la distinzione fra invarianti e varianti entro il piano del contenuto si deve compiere esattamente in base allo stesso criterio: si hanno due invarianti di contenuto diverse se la loro correlazione ha relazione con una correlazione nell’espressione, altrimenti no. (p. 72) - Hjelmslev (1968) [...] per la registrazione delle invarianti e per la distinzione fra invarianti e varianti, è il fattore distintivo che bisogna considerare pertinente. (p. 70) - Hjelmslev (1968) Le ‘invarianti’ sono [...] correlati con reciproca commutazione […]. (p. 80) - Hjelmslev (1968) Ad ogni stadio dell’analisi dobbiamo riuscire ad arrivare alle invarianti dalle varianti, ricorrendo a un metodo particolare che stabilisce i criteri necessari per tale riduzione. (p. 67) - Hjelmslev (1968) Se immaginiamo un testo analizzato in periodi, questi in proposizioni, queste in parole, ecc., e un inventario preparato per ogni analisi, potremo sempre notare che in molti punti nel testo abbiamo «uno stesso» periodo, «una stessa» proposizione, «una stessa» parola, ecc.: si può dire che ricorrono molti esemplari di ogni periodo, proposizione, parola, ecc. Chiamiamo questi esemplari ‘varianti’, e le entità di cui essi sono esemplari, ‘invarianti’. (p. 67) - Hjelmslev (1968) Si ha una differenza fra invarianti sul piano dell’espressione quando si ha una correlazione [...] a cui corrisponde una correlazione sul piano del contenuto [...], in maniera tale che si può registrare una ‘relazione’ fra la correlazione dell’espressione e la correlazione del contenuto. (pp. 70-71) - Hjelmslev (1968) Dove si tratta delle invarianti del grado piú alto sul piano dell’espressione – riguardo alla lingua parlata, in teoria, fino ad ora, i cosiddetti fonemi [...]. (p. 67) - Hjelmslev (1968)
|