Citazioni |
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[…] tutte le lingue indo-europee conosciute sono discese da un unico dialetto, che si dev'esser parlato, a una data epoca nel passato, da un'unica ristretta società; colla espansione ed emigrazione della quale (beninteso, non senza che la s'incorporasse anche altre razze, oltre quelle spettantile ab origine) esso dialetto istesso ha raggiunta l'ampia sua distribuzione presente […]. (pp. 233-234) - Whitney (1876) […] per quanto indietro si spinge l'occhio dello storico di esso [linguaggio], sia per mezzo di monumenti che ancor ne avanzino, sia per induzioni comparative, il linguaggio è sorpreso sempre in uno stato di quasi infinita suddivisione; eppure ogni linguista ragionevole mantiene, e sa che egli ha le ragioni più soddisfacenti per mantenere, che questa apparente confusione è un risultato della espansione e diramazione di un certo limitato numero di dialetti primitivi […]. (p. 214) - Whitney (1876) […] se questo processo di tradizione, d'insegnamento e di apprendimento, avesse a cessare in qualche lingua di questo mondo, quella lingua verrebbe a spegnersi ipso facto. Questo però è solo un lato della vita del linguaggio. Se tutto stesse qui, ogni dialetto parlato resterebbe lo stesso di età in età. Mercè la tradizione, infatti, ogni dialetto resta suppergiù lo stesso, e la identità sua resta maggiore che l'alterazione, insino a che resiste l'identità della società parlante […]. (pp. 37-38) - Whitney (1876) […] individui di ogni gradazione di ingegno si trovano ad usare, ognuno secondo il poter suo, lo stesso identico dialetto […] Non di rado, ben più grandi son le differenze di razza che si incontrano tra i parlanti un sol linguaggio o un solo corpo di linguaggi rassomiglianti, che tra quelli che usano dialetti affatto dissimili l'uno dall'altro. (p. 4) - Whitney (1876) […] nessuna lingua al mondo esiste in uno stato eguale affatto nella intera società che la parla: è sempre un gruppo, sia pure limitatissimo di dialetti affini. (pp. 277-278) - Whitney (1876) […] la distribuzione dei dialetti umani ha tanto poco a che fare colla distribuzione, tra gli uomini della naturale capacità ed inclinazione, quanto con quella della forma fisica. (p. 11) - Whitney (1876) […] i dotti trovano il fatto loro più convenientemente nelle lingue colte. Ed ottengono per di più il pratico vantaggio, che tutti gli eredi e continuatori di una civiltà comune, vengano così a possedere qualcosa come un dialetto comune in cui denominare quei concetti ne' quali essi hanno un comun interesse più stretto di quello che abbiano comune con la massa dei loro concittadini. (p. 154) - Whitney (1876) […] il significato dei termini 'lingua' e 'dialetto', nella loro relazione vicendevole. Essi son solo due nomi della stessa cosa, considerata da diversi punti di vista. Un corpo di espressioni usate da una società per quanto ristretta ed umile, per gli intenti della comunicazione, e come istrumento del pensiero, è 'lingua'; nessuno penserebbe di dire che chi la parla possegga un dialetto ma non una lingua. Dall'altro lato, non v'è nessuna favella al mondo a cui non potremmo applicare con tutta libertà e con proprietà perfetta il nome di 'dialetto', quando per questo si intenda un corpo di forme linguistiche collegate da singolar parentela. (p. 216) - Whitney (1876) […] gli incolti hanno in corso nel loro dialetto una falange di inesattezze, di offese contro la correttezza della lingua, come sgrammaticature, errori di pronuncia, sbagli di applicazione, parole gergali, volgarità […]. (p. 191) - Whitney (1876) […] vi sono le differenze dell'età: la puerizia, in ispecie, ha il suo dialetto, che offende gli orecchi dei vecchi celibi; e i fanciulli più adulti hanno il loro linguaggio caratterizzato se non altro dal ristretto vocabolario. (p. 191) - Whitney (1876) La scienza del linguaggio ci ha resi democratici […] ci ha insegnato che tanto è lingua la favella di un uomo quanto quella di un altro uomo; che anche la più colta lingua che vi sia non è che il dialetto di una certa classe in un certo luogo […] l'inglese e l'olandese e il tedesco e lo svedese, e così via sono i dialetti della favella germanica; e questa, insieme al francese e all'irlandese, al boemo, e al resto, sono i dialetti di quella più larga famiglia […] Questo è l'uso scientifico dei termini; nella scioltezza del parlar popolare, si fa un tentativo di distinzione di gradi di dignità e di importanza, riserbando, poniamo, alla sola lingua letteraria di una società il nome di lingua, e chiamando dialetti gli altri. Per gli intenti ordinari codesto uso è abbastanza conveniente; ma per altre ragioni non è ammissibile: non fa parte della scienza linguistica. (pp. 216-217) - Whitney (1876) La scienza del linguaggio è quel che il nome stesso implica, studio d'ogni favella umana, di ogni dialetto, o sia vivente o sia conservato in qualche monumento, e non omessone alcuno, per quanto oscuro o remoto, o meschinamente sviluppato esso sia. (p. 233) - Whitney (1876) Vi è anche uno stato di cose intermedio tra i due estremi, della barbarie e della coltura perfettamente diffusa: cioè , dove c'è una coltura che tocca solo una classe particolare, una minoranza, della società, e gli influssi conservatori di essa coltura si limitano principalmente a quella classe. Questa sola possiede i monumenti del linguaggio, e, usandoli come modelli, ne propaga la favella quasi inalterata, mentre il linguaggio della massa continua a cambiarsi senza freno. Ci viene così ad essere una separazione della favella, originariamente unica, in due parti: un dialetto colto che è l'antico linguaggio conservato, e un linguaggio popolare, che è un suo discendente alterato; e può talora accadere che quest'ultimo finisca a soppiantare l'altro, e divenga alla sua volta la lingua colta di un nuovo ordine di cose. (pp. 194-195) - Whitney (1876) Alle numerose varietà di tribù e nazioni di discordante favella nell'India, il sanscrito è stato per lungo tempo il dialetto sacro e letterario, e la sua letteratura la fonte del pensiero più alto e del sapere […]. (p. 149) - Whitney (1876) Sappiamo che la separazione e l'isolamento delle differenti parti di una società che fu una volta unica deve di necessità portare ad una scissione del suo linguaggio in diversi dialetti; e sappiamo che questo processo può continuare a ripetersi, di più in più, e che infine quei dialetti che si separarono (ammenochè non intervengano speciali forze alterative) avranno bensì una certa mutua dissimiglianza, ma tuttavia avranno il minimo di dissimiglianza, col massimo di somiglianza, laddove quelli separatisi per i primi avranno il minimo di somiglianza ed il massimo di dissimiglianza […]. (pp. 211-212) - Whitney (1876)
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