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Lemma  concetto 
Categoria grammaticale 
Lingua  italiano 
Opera  Whitney (1876) 
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Traduzioni   
Citazioni 

[…] solo quando si ha un così chiaro concetto della sua forma, da poterne fare col disegno un rozzo schizzo, o tal concetto dei suoi atti caratteristici da poterne per imitazione riprodurre il dimenio della coda, il morso, il latrato; allora solo lo spirito può essere in grado di pensare ad esprimere il concetto di cane. E così è in ogni altro caso; i primi atti di comparazione e di astrazione devono precedere, i primi segni succedere; […] prima è il concetto poi l'atto di denominazione. (p. 357)
- Whitney (1876)

[…] la forma dei concetti di ciascheduno, rappresentata dall'uso che egli fa delle parole, è diversa da quello di qualunque altro […]. (p. 190)
- Whitney (1876)

[…] l'individuo impara il suo linguaggio appropriandosi i segni parlati, di cui questo consta a forza di imitarli come li sente dalle labbra degli altri, e plasmando i suoi concetti in conformità con essi. (p. 37)
- Whitney (1876)

Un esercito di grandiosi concetti sono schierati avanti alla mente giovanile, e mantenuti in questa da una o due meschine associazioni di idee o di parole, perché incombe poi allo sviluppo posteriore il compierli sì da raggiunger più da presso il loro valore. (p. 33)
- Whitney (1876)

Appena però acquistiamo familiarità con esso [secondo linguaggio], appena i nostri concetti si adattano al suo schema ed operano direttamente attraverso esso, noi veniamo a vedere che i nostri pensieri sono gettati per esso in forme nuove, che la fraseologia sua è tutta sua e inconvertibile. (p. 28)
- Whitney (1876)

Dal momento che ['bishop'] diventò il segno ricevuto per indicare una certa cosa, tutta la sua carriera fu tagliata e slegata dalla sua primitiva radice; divenne, ciò che dopo ha sempre continuato ad essere, un segno convenzionale, e quindi un segno alterabile, indicante un certo concetto, variabile anch'esso e soggetto a sviluppo. (p. 60)
- Whitney (1876)

Egli [l'apprendimento di un secondo linguaggio] è sempre il mettersi a memoria un certo complesso di segni dei concetti e delle loro relazioni, usati in una certa società esistente od estinta; segni che coi concetti che indicano non hanno connessione più naturale e necessaria di quella che ve l'abbiano i nostri propri segni, anzi sono arbitrari e convenzionali non meno di questi […]. (p. 28)
- Whitney (1876)

La teorica, che un concetto sia impossibile senza una parola che lo esprima è un paradosso insostenibile: insostenibile, si intende, con buone ragioni, chè con abbagli e con falsi argomenti ognuno è padrone. (p. 174)
- Whitney (1876)

[…] il guadagno immenso in chiarezza di intellezione, in facilità di trattazione, che il concetto fa coll'avere un nome, chi lo può mai negare? Solo, sbagliano quelli che di questo vantaggio ne farebbero un'assoluta necessità. (p. 175)
- Whitney (1876)

La relazione [tra i nostri segni linguistici e ed i concetti per cui essi stanno] è stabilita alla prima a forza di tentativi, esposti all'errore e soggetti all'emendamento. (p. 31)
- Whitney (1876)

[…] vi è sempre e dappertutto un'antecedenza del concetto all'espressione. Per dirla alla buona, noi prima abbiamo l'idea, e dopo le facciamo un nome. Questo è così palpabilmente vero di tutti i processi più riflessivi, che nessuno penserebbe di negarlo […]. (p. 172)
- Whitney (1876)

Se, alterandosi un poco, o più d'un poco lo stampo di un nostro concetto, o presentandosene uno nuovo, lo smettere il nome vecchio e farne uno nuovo inaudito ci fosse altrettanto comodo, quanto ci è invece lo stendere un po’ sin a coprire quel concetto un termine che già abbiamo in pratica, di certo allora non vi sarebbe forse una tal cosa, qual è il cambiamento di significato nella favella umana […]. (p. 97)
- Whitney (1876)

Ciò che egli [il fanciullo] ha è specialmente il nocciolo centrale del linguaggio come lo possiam chiamare: i segni dei concetti più comunementi ricorrenti, le parole che ogni parlatore usa ogni giorno. (p. 29)
- Whitney (1876)

 
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