La dottrina dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche, la quale, anche se non deriva materialmente da A. Schleicher, è stata sicuramente formulata proprio nell’ambito del suo pensiero, emerge come un relitto di allora nell’epoca odierna, la quale riconosce alla linguistica il carattere di una scienza dello spirito, e non scorge nella lingua un organismo naturale, ma un prodotto sociale. (p. 239)
- Schuchardt (1965)

Nel giudizio “le leggi fonetiche operano ineccepibilmente” tanto il soggetto quanto il predicato sollevano dubbi non lievi […] Questo mettere sullo stesso piano le leggi fonetiche e le leggi naturali del quale in principio si menava gran vanto, fu in seguito abbandonato dagli esponenti della dottrina neogrammaticale […] le stesse circostanze che hanno fatto cadere la somiglianza delle leggi fonetiche con quelle naturali provocano anche la caduta della loro ineccepibilità. (p. 232)
- Schuchardt (1965)

Per me […] la dottrina dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche non si configura che come un impedimento a che la scienza possa continuare a svilupparsi nel senso della legge di causalità. Le leggi fonetiche vengono poste a tale altezza che la necessità di andare oltre è di gran lunga inferiore che se esse possedessero soltanto il valore di una grande regolarità. Eppure esse sono in ogni caso solo leggi empiriche, e […] devono trasformarsi in leggi causali. (p. 239)
- Schuchardt (1965)

[…] se, d’accordo con Müller, non paragono senz‘altro le leggi fonetiche con le leggi degli abiti alla moda, tuttavia esse mi sembrano nel complesso in rapporto con la moda, cioè con l’imitazione consapevole o semi-consapevole […] perciò credo di aver ragione nel ritenere che l‘ineccepibilità delle leggi fonetiche sia inconciliabile con la partecipazione della coscienza al mutamento fonetico. (p. 236)
- Schuchardt (1965)